lunedì 12 ottobre 2009

Ecate

Questo racconto avrebbe dovuto partecipare al quinto concorso letterario BC, cosa che però non è avvenuta per una mera questione di tempo: quando decisi di scriverlo il termine per la consegna dei racconti era scaduto... 


Il vento passò ancora una volta tra le fronde della quercia, facendo stormire le foglie ingiallite dall'autunno, mentre lei aspettava; era passato parecchio tempo dall'ultima volta ed attendeva con impazienza che arrivassero, era addirittura in anticipo per non perdere minuti preziosi in loro compagnia: in fondo quella era una giornata speciale.

L'incrocio era deserto da ore, disperso nel bel mezzo della campagna, il silenzio interrotto soltanto dal canto dei corvi e dal gorgoglìo di un canale d'irrigazione. Giunsero dalla strada ad est, con la luce della luna appena alzatasi alle loro spalle, con passo tranquillo e l'aria serena; quando le vide le fece un gesto di saluto e sorrise:
"Ciao! Come state? Tutto bene?"
 "Ciao piccola, noi stiamo bene, e tu?" disse la più piccola delle due figure, una donna anziana dalla pelle segnata di innumerevoli rughe, i capelli bianchi raccolti in uno chignon d'altri tempi.
"Nonna, ormai sono una donna, non chiamarmi piccola!"
"Per me resterai sempre la mia piccola" rispose la nonna mostrando un lieve sorriso "il viaggio è stato faticoso, ci sediamo?"

Si accomodarono alla base della quercia  dove un piccolo falò ardeva consumando rametti e foglie secche, appoggiando la schiena al grande albero e fissando l'incrocio illuminato dalla luna:
"Allora, tesoro, cosa ci racconti?" Fu l'altra donna a parlare, una signora imponente e dall'aspetto severo.
"Va tutto bene, mamma. Sono a capo di una squadra, lavoro sodo e bene, faccio dalle 10 alle 12 ore, spesso salto anche la pausa pranzo; Io e Giulio stiamo pensando di comprare un appartamento un po' più grande di quello dove stiamo, il mutuo è un bell'impegno ma dovremmo farcela"
"Quando vi sposerete?" chiese la vecchia
"Sposarci? E perché?"
"Il matrimonio è importante" rispose l'altra donna
"Il matrimonio non vale niente, è un'inutile vecchia istituzione" disse la giovane donna
"Bah! Vivi nel peccato!" rispose la nonna, guardandola fissa negli occhi "Il matrimonio è la garanzia di una famiglia stabile e di un ambiente sano per i propri figli! » la sicurezza di avere un uomo a fianco che ti protegga e si occupi di sfamarti, sempre, mentre tu ti occupi della casa e di crescere i bambini. Con un marito non saresti obbligata a lavorare"
"Mama, i tempi sono cambiati" intervenne la donna imponente.
"Anche tu ti sei sposata"
"Sì, perché lo amavo. Ma anche dopo il matrimonio ho continuato a lavorare, perché altrimenti non saremmo mai riusciti a crescere lei e i suoi fratelli, a dare loro le possibilità che noi non abbiamo avuto. E non mi sembra di aver fatto un cattivo lavoro"
"E allora perché dovrei sposarmi?"
"Per rendere il tuo rapporto più solido, per legarlo a te con una promessa indissolubile"
"Sotto la tutela di Nostro Signore" aggiunse la vecchia
"Mama, l'importante è la promessa: che a testimoniare sia un prete o un ufficiale dello stato è lo stesso"
"Il matrimonio è sacro! Lo stato non può intromettersi"
"Ma io non voglio un legame così forte. È una condanna, una prigione... io voglio essere libera!" esclamò la giovane
"Tuo fratello si è sposato!"
"Se lui è scemo, io che ci posso fare?"
"Rispondimi, lo ami il tuo Giulio?"
"Ecco, mamma... beh, sì, credo di sì... a volte litighiamo ma mi pare normale, litigavate spesso anche tu e papà... però, ecco, a volte..."

La luna splendeva nel mezzo di un cielo limpido e stellato, stendendo un velo azzurrino di luce sui campi di grano e trifoglio
"Sei sciupata, tesoro, dovresti lavorare di meno"
"Non posso, mamma, c'è così tanto da fare..."
"Tuo padre ed io non abbiamo rischiato il carcere per vederti lavorare così tanto"
"Ti sei scelta un lavoro non per te, piccola" intervenne la vecchia "Le donne non sono adatte a comandare, non è il loro ruolo"
"E quale sarebbe un lavoro per me, nonna? L'infermiera? La segretaria? La commessa? Non ho studiato e faticato tanto per poi far decidere altri"
 "E cosa ci sarebbe di male? Una donna che lavora quanto tempo può dedicare ai suoi figli? O a suo marito? Ho lavorato anch'io quand'ero signorina, sono andata a servizio da una signora di città, mi sono spaccata la schiena a pulire, cucinare e badare alla loro casa, ma appena mi sono sposata ho smesso, perché i miei doveri erano altri. C'era un maggiordomo a dirigerci e non ho mai pensato di poter prendere il suo posto."
"Mama, cos'ha un uomo che una donna non può avere?" rispose la signora dall'aria severa "Quando ero in fabbrica ho scioperato per avere condizioni migliori, giorni di ferie e malattia garantiti, diritti che oggi sembrano ovvi. Suo figlio ha manifestato per il riconoscimento della maternità, ha subito le cariche della polizia, ha affrontato i lacrimogeni per avere un posto di lavoro più sicuro. E per non essere pagato una miseria. Io stessa sono scesa in piazza per reclamare pari diritti alle donne. E non ho mai smesso di lavorare."
"Ma anche tu non hai mai pensato di metterti a capo della fabbrica."
"Vero, ma sia io che lei non abbiamo studiato abbastanza; però ho lottato perché a mia figlia quegli studi non fossero negati, e lei, da genitori operai è diventata dottoressa"
"E io non ho ancora smesso di ringraziarvi per tutti i sacrifici che avete fatto per me" disse la giovane
"Oh Signore Benedetto, ma fare il soldato è un lavoro da uomini! Anche se da ufficiale, rimane comunque un compito per gli uomini"
"Perché, nonna, perché? Non mi manca la capacità di reagire, ne la decisione, ne il coraggio, ne la testa per fare il militare. I tempi sono cambiati, difendere la nazione non è più una prerogativa maschile, e io voglio fare la mia parte"
"Anch'io avrei preferito scegliessi un'altra carriera, ma è la tua vita ed è giusto che sia tu a deciderne le sorti. Io sono orgogliosa di te"
"Grazie mamma" disse la giovane sorpresa, con un accenno di commozione nella voce; non era abituata a sentire sua madre farle un complimento, erano molti di più i rimproveri e le sgridate per le bravate che lei e i suoi fratelli avevano combinato.
"Va bene, i tempi sono cambiati, anche troppo per me, però ora dovresti riflettere almeno un po' sul tuo futuro; soprattutto adesso, nelle tue condizioni"
"Ti prometto, nonna, che lo farò"
"È tardi, mama, sarà meglio andare"




La sveglia eruppe nel silenzio della camera da letto col suo fastidioso, squillante trillo, mentre con gli occhi aperti già da qualche minuto la ragazza stava riflettendo, cercando di tenere a mente il più possibile di quello strano sogno; sua nonna aveva ragione, ora le cose erano diverse, doveva rifletterci, forse avrebbe dovuto cambiare qualcosa, anzi sicuramente avrebbe dovuto cambiare qualcosa: avrebbe rinunciato alla missione, nelle sue condizioni non avrebbe mai ottenuto il permesso per andare a rischiare la vita dall'altra parte del mondo. Doveva dirlo a Giulio, ancora non aveva idea di come, ma doveva dirglielo; In fondo, quello che portava in grembo, era anche suo figlio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi piace... E visto che è la prima volta che commento, evito di sottolineare gli errori di battitura :-D